giovedì 1 agosto 2013

THE SHOW CAN GO ON

Oggi dovrebbe concludersi, almeno ufficialmente, la parabola politica di Berlusconi, alla luce della sentenza che la Cassazione emetterà nel pomeriggio; leggendo un po’di articoli, siano essi di cronaca che di commento, ci si rende subito conto del fatto che si voglia proporre questa data come momento storico della vita politica italiana, potendo determinare la fine della vita politica di Berlusconi.

Prescindendo dall’opinione che ognuno di noi può avere del Berlusconi uomo politico e del suo operato, mi preme in questa sede osservare che il momento è tutt’altro che storico e rivoluzionario; è una vicenda che sembra invece avere il sapore del proverbiale brodino riscaldato. Il periodo di Berlusconi si è già concluso, avendo iniziato la sua carriera politica cavalcando un’onda che oserei definire emozionale e che, come tale, va inevitabilmente ad esaurirsi col tempo, e l’unico obiettivo politico rimastogli è mantenere la posizione politica acquisita in questi anni. Premesso questo, trovo molto più interessante analizzare il fenomeno Berlusconi nel suo complesso, per capire come ragioniamo noi italiani nella veste di popolo chiamato alle urne. Vorrei condividere con chi legge il mio pensiero, e prima di iniziare vi chiedo di essere pazienti e attenti nel leggere, perché scelgo le parole con cura, proprio per evitare fraintendimenti.
Noi italiani, almeno questa è l’opinione che ho maturato da un po’ di tempo a questa parte, abbiamo un’idea molto chiara dal punto di vista politico: mettere ciclicamente alla guida del paese qualcuno che ci dia la possibilità di peccare per interposta persona.
Con l’espressione appena utilizzata e da me coniata, voglio indicare un meccanismo che si è ripetuto in Italia per buona parte della sua storia come paese unito.
Ho usato le parole “parabola”, “emozionale” e “ciclicamente”: tenetele a mente, perché fanno da cornice al prosieguo del discorso. 



                                                                                       
Se osserviamo quelle che sono, a mio avviso, le quattro figure cardine della scena politica italiana del XX secolo, ovvero Mussolini, Andreotti, Craxi e Berlusconi, osserviamo che, fatte salve le dovute differenze, esse presentano dei tratti comuni: tutti e quattro hanno conosciuto un’ascesa politica relativamente rapida, il cui sviluppo ha conosciuto una fase iniziale che non trovo esagerato definire ipertrofica; tutti e quattro rimangono a lungo sulla scena politica; giunti all’apice della propria carriera, tutti e quattro hanno goduto di ampi poteri e ampio consenso; infine, tutti e quattro hanno concluso la propria carriera politica in modo ignominioso e disonorevole, istericamente e frettolosamente linciati (mediaticamente e/o letteralmente) da quello stesso popolo che con la medesime isteria e la medesima frettolosità li aveva inizialmente acclamati, esaltandosi per le loro imprese, salvo poi rinnegarli( e magari recuperarli, una volta calmatesi le acque politiche). Va da sé che quanto appena detto si applica anche a coloro che hanno circondato dette figure, in quanto assurte al rango di icone di epoche e fasi della storia italiana (ventennio fascista, DC, PSI, Seconda Repubblica), prescindendo dalle valutazioni di merito. Momenti storici diversi, volti diversi, ideologie diverse, ma dinamica analoga.
Ho provato a ritrovare una costante, e ritengo di averla trovata nella presenza di un soggetto manovratore, che altri non è che lo stesso popolo italiano, sempre desideroso di delegare ad altri le proprie responsabilità, sempre disposto a lasciarsi governare pur di apparire sempre come vittima.
Berlusconi ha rappresentato il soddisfacimento massimo di questa pulsione tipicamente italiana; figura nata nel contesto mediatico e poi subentrata in quello politico, ci ha allevato, con il nostro beneplacito, a pane e televisione, trasformando la politica in spettacolo popolare, da guardare passivamente e con finto coinvolgimento, un po’ come si potrebbe guardare una soap-opera o una partita di calcio; in questa operazione, è stato coadiuvato da un nutrito gruppo di tifosi(non saprei in quale altro modo definirli), da una opposizione che si è prestata, malamente, a detto gioco mediatico, salvo cercare goffamente di tirarsene fuori una volta resasi conto che quello non era terreno ad essa favorevole, e da una intellighenzia bipartisan che ha saputo fornire solo ossequiosi teorici di regime o sussiegosi intellettuali che hanno snobbato il compito di educare le giovani generazioni e arroccarsi sui rispettivi eremi, salvo sporadiche comparsate finalizzate ad insegnare al volgo come si deve vivere. E da noi italiani, pronti ad infiammarci per difendere diritto di satira (sacrosanta, ma che sempre spettacolo è), ma non a fare altrettanto per il diritto di critica.
Anche adesso stiamo a guardare; aspettiamo che qualcun altro (la Cassazione) assuma l’onere di mettere un punto a vicende potenzialmente imbarazzanti per il nostro paese; avremmo potuto provvedere noi cittadini, semplicemente esigendo da tutta la classe politica (non solo da Berlusconi) un diverso atteggiamento verso i problemi della società, un nuovo taglio metodologico nella risoluzione dei problemi, un diverso stile nel gestire la promozione dell’immagine del Paese a livello comunitario ed internazionale.
Noi siamo sempre in cerca di figure che ci permettano di poter stare a guardare, o perlomeno di poterlo credere.
Vogliamo godere, ma senza rischi; ecco perché ci affidiamo a una classe politica opaca, compromessa, discutibile. Che ci faccia provare il brivido del peccato, lasciandoci ipocritamente illibati, per poi giudicarli dopo averli creati, e passare così ad un nuovo ciclo.
Un apparente dinamismo, che cela un sostanziale immobilismo.
Sperando di non aver stancato troppo chi ha letto questo mio articolo, vorrei concludere con quello che vuole essere un invito: spegniamo la TV accesa dalla nostra vigliacca e opportunistica pigrizia, alziamoci dalla poltrona della nostra miope e autoreferenziale quotidianità, e iniziamo a vivere. Se possiamo essere attori e registi, perché sedere tra il pubblico? 

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